Cenni sull’attività
politica di Hussam Khader
Hussam
Khader, giovane e noto attivista di al-Fatah e membro del
Consiglio Legislativo della Palestina (PLC), si trova in una
prigione israeliana dal momento del suo arresto, avvenuto circa
due anni fa. Tra le altre cose, Khader è noto per la sua onestà
e la determinazione a continuare la lotta contro la brutale
occupazione israeliana, opponendosi allo stesso tempo a tutte le
forme di corruzione che sono state associate a certi elementi
dell’Autorità Palestinese e alle istituzioni nei territori
occupati. Dalla sua cella Khader continua a richiamare il popolo
palestinese all’armonia e le varie fazioni all’unità nei loro
sforzi mirati a fare terminare l’occupazione israeliana.
Vorrebbe che l’Autorità Palestinese divenisse più
rappresentativa, trasparente e responsabile dei successi e
delle richieste del popolo e richiama la necessità di riformare
le istituzioni politiche dell’Autorità Palestinese, per renderle
sempre più sensibili alla democratizzazione e al rispetto della
legge, della professionalità, dell’efficienza piuttosto che
lasciare che vengano manipolate con autoritarismo dispotico e
autocratico.
Tappe salienti
della vita di Khader
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E’ nato a
Kuffur-Roman, vicino a Tulkarem, nella West Bank, l’8 Dicembre
1961. Come molti altri rifugiati, la sua famiglia fu allontanata
da Haifa nel 1948.
Ha vissuto la
maggior parte della sua vita nel Campo Profughi di Balata.
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Ha
frequentato la scuola elementare e media presso la scuola
gestita da UNRWA al Campo profughi di Balata, vicino a Nablus e
ha completato le scuole superiori presso l’istituto Haj Mazuz a
Nablus.
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Presso
l’Università An-Najah, Khader ha conseguito la laurea in
Economia e Commercio, portando a termine parallelamente studi
minori in Scienze Politiche.
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Durante
l’estate del 1978, si unì ad Al-Fatah e divenne uno dei
fondatori e un membro attivo dell’organizzazione Fatah’s
Shabiba. Prima della sua deportazione fuori dalla Palestina alla
fine degli anni ’80, Khader fu arrestato complessivamente 23
volte, e rimase un anno e mezzo in una prigione israeliana,
mentre trascorse un altro anno agli arresti domiciliari.
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Fu ferito
due volte durante scontri con le autorità israeliane: la prima
fu nel 1981 all’Università An-Najah e la seconda nel 1987 in
seguito allo scoppio della prima Intifada, quando divenne uno
dei leader locali del movimento.
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Durante la
detenzione scrisse diversi studi e pamphlet relativi alle
strategie politiche e alle attività palestinesi.
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In quanto
attivista riuscì a reclutare e formare numerosi giovani leader
che divennero membri attivi delle organizzazioni al-Fatah e
al-Shabiba.
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Senza che la
famiglia ne fosse messa al corrente, fu deportato da una
prigione israeliana nel Sud del Libano nel 1988.
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Durante
l’esilio si legò strettamente al co-fondatore e leader di
al-Fatah, Abu Jihad, che lo autorizzò a gestire le attività
degli studenti palestinesi all’estero.
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Nel 1990,
quando si trovava in esilio, fu eletto segretario dell’Unione
Generale degli Studenti Palestinesi (GUPS).
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Khader ha
rappresentato la PLO in varie attività a livello locale e
internazionale, tra cui conferenze, convegni, summit di alto
livello e altro ancora.
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Durante le
visite a comunità arabe e palestinesi in vari paesi dell’America
Centrale e del Sud, Khader ha monitorato e organizzato attività
di studenti palestinesi, elezioni e altri servizi per la
comunità.
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In quanto
rappresentante della PLO ha incontrato numerosi capi di stato e
di governo provenienti da tutto il mondo, tenendo discorsi in
favore della popolazione palestinese e della loro leadership.
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Nel 1989 fu
eletto vice presidente dell’Organizzazione Internazionale della
Gioventù Islamica in Senegal e nel 1992 in Sudan.
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Divenne
membro attivo del Consiglio Nazionale della Palestina e
partecipò alle decisioni politiche del gruppo.
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Prese parte
a varie altre organizzazioni internazionali della gioventù,
associate con l’Organizzazione degli Stati Non Allineati insieme
ad altre organizzazioni locali asiatiche e africane.
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Nell’aprile
del 1994, insieme a migliaia di altri leader e attivisti
palestinesi in esilio, gli fu riconosciuto il permesso di
rientrare in Palestina a seguito degli accordi di Oslo.
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Dopo il suo
ritorno in patria, insieme a Marwan Barghouti e Faisal
al-Husseini, fondò l’associazione politica che si legò ad
al-Fatah nei territori occupati.
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Durante la
collaborazione con l’Autorità Palestinese fu responsabile
dell’organizzazione di attività sportive, culturali e ricreative
per giovani nell’area della West Bank e nella Striscia di Gaza.
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Partecipò
inoltre ad attività accademiche e culturali promosse da vari
centri palestinesi, compreso il Centro per la Difesa della
Democrazia e altri progetti affiliati nei Territori Palestinesi.
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Guidò
l’organizzazione che difende i diritti dei rifugiati palestinesi
e divenne ben noto promotore delle loro richieste.
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Fu infine
eletto membro del PLC nel 1996, il che sancì definitivamente il
suo ruolo di spicco nella gestione della questione palestinese.
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Difese e
continua a supportare l’indipendenza del PLC opponendosi al
controllo esercitato dal ramo esecutivo dell’Autorità
Palestinese. Sostiene infatti la divisione dei poteri fra le
frange governative dell’Autorità Palestinese al fine di
mantenere una visione trasparente in materia di gestione e
conduzione democratica.
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Ha difeso la
necessità di definire in modo inequivocabile e proteggere i
diritti e la libertà dei rifugiati palestinesi nei territori.
Ritiene che i governi siano troppo riluttanti ad assegnare
potere quando la loro autorità diviene eccessiva.
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E’ padre di
tre bambini: Amani di 13 anni, Amira di 10 e Ahmad di 7. E’ noto
per essere un padre amorevole e profondamente attento a
rispondere ad ogni richiesta dei suoi figli.
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Il suo
ultimo arresto avvenne il 17 Marzo 2003, a seguito del quale si
trova ancora in carcere a causa dei continui rinvii del suo
processo.
La detenzione
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Dopo avere
fatto esplodere con una bomba l’ingresso principale di casa sua,
i soldati israeliani hanno violentemente prelevato Khader dalla
sua abitazione nelle prime ore del mattino del 17 Marzo 2003,
sotto gli occhi dei suoi familiari atterriti.
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Fu quindi
ammanettato, rasato e trasferito in una prigione israeliana dove
è stato messo in isolamento per un lungo periodo, durante il
quale è stato sottoposto a brutali interrogatori.
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Nel
successivo anno e mezzo è stato trasferito in varie prigioni,
comprese Btah Tikfa, al-Jalamah, Akka insieme ad altri anonimi.
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Fin dai
primi mesi successivi al suo arresto gli è stato negato il
diritto a visite da parte dei suoi legali e dei familiari. E’
stato inoltre tenuto isolato da altri prigionieri politici e
trattato selvaggiamente al fine di umiliarlo e degradarlo.
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Poco dopo il
suo arresto, il 22 Marzo 2003, fu costituita una nuova
commissione per la difesa dei diritti dei prigionieri politici
palestinesi. Essa divenne la nuova voce di Khader così come di
altri prigionieri.
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Recentemente
la sua salute è peggiorata, ha perso molto peso e soffre di
gravi disagi psichici causati dal trattamento quotidiano
riservato a migliaia di prigionieri palestinesi in tutte le
prigioni israeliane.
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Nonostante i
limiti imposti loro, i suoi avvocati sono riusciti a definire la
situazione generale e le condizioni affrontate da Khader e dagli
altri prigionieri. Hanno sottolineato, tra gli altri aspetti,
che:
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Khader ha
respinto tutte le accuse mossegli dalle autorità israeliane.
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Il suo
arresto è stato in tutto e per tutto di carattere politico.
Attraverso questo atto le autorità israeliane vogliono mettere a
tacere il leader palestinese e forzarlo a sospendere i suoi
onesti appelli alla riaffermazione dei diritti fondamentali dei
Palestinesi.
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Insieme agli
altri prigionieri palestinesi è soggetto alle forme più brutali
di tortura e maltrattamenti volti a privarlo della sua dignità.
-
Khader
apprezza il supporto sia della popolazione palestinese che di
altri cittadini di tutto il mondo che lottano fermamente per la
difesa dei diritti dei prigionieri.
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Organizzazioni regionali e locali cercano di intensificare il
loro attivismo contro l’occupazione israeliana e lavorano
costantemente con il popolo palestinese per superare le
pressioni imposte sui prigionieri palestinesi.
Date le crescenti
difficoltà cui sono sottoposti i prigionieri palestinesi
detenuti in carceri israeliane per anni, dove subiscono torture,
abusi e ogni forma di pressione psicologica ed emotiva, Khader e
tutti gli altri prigionieri politici hanno deciso di iniziare
uno sciopero della fame che ha scioccato le autorità israeliane
e le ha obbligate a negoziare le loro principali richieste.
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Le autorità
delle prigioni israeliane sono riuscite ad ottenere confessioni
fasulle contro Khader nel tentativo di coinvolgere il membro
della PLC, di tenerlo lontano dall’attivismo politico
palestinese e di confinarlo definitivamente in una prigione
israeliana.
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Le accuse
contro Khader sono gravi e riguardano l’assistenza e il supporto
ad atti violenti e la partecipazione ad atti di aggressione nei
confronti del governo israeliano.
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Nonostante
gli spostamenti, le false accuse e il suo isolamento in
prigione, Khader rimane fedele al credo e ai principali motivi
che l’hanno inizialmente condotto in prigione. Questi sono
l’aspetto umanitario e l’obiettivo principale, fra altri ancora,
di liberare i palestinesi dalla brutale occupazione israeliana.
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Khader
continua a sperare in una soluzione positiva della causa
palestinese, che possa garantire e assicurare ai palestinesi la
soddisfazione delle loro principali richieste, che includono,
tra le altre cose, la fondazione di uno stato palestinese
indipendente sui territori che furono occupati durante la guerra
del 1967, compresa la parte Est di Gerusalemme e una soluzione
equa al problema dei rifugiati palestinesi. Khader, infatti, ha
vissuto la maggior parte della sua vita nella condizione di
rifugiato e si è impegnato a reclamare i diritti di tutti i
rifugiati, incluso quello al ritorno nelle loro case in
Palestina.
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